LA MAPPA NON E' IL TERRITORIO, PERO' CHE MERAVIGLIA!
    parte del tutto
     
    Allievo: Maestro perché dopo tanto cammino non riesco a trovare la strada per ciò che voglio?
    Maestro: Hai usato la mappa?
    Allievo: Si Maestro l'ho guardata ed ho cercato di trovare la direzione, ma nulla, giro in tondo e non arrivo.
    Maestro: Certo prezioso Allievo, è comprensibile, questo accade perché la mappa non è il territorio.
    Allora se tu hai una mappa e prima di percorrere una strada la studi, ne scopri i particolari, questo ti farà sentire sì più sicuro, meno inadeguato, ma la questione è che quando andrai lì in quel territorio, tutto cambierà.
    Magari troverai un muro dove non c'era nulla, un' apertura che non potrai usare, un burrone dove prima era pianura.
    Allievo: ed allora come fare, sarà sempre tutto inutile.
    Maestro: eh no caro Allievo, intanto lo studio della mappa ti ha dato la possibilità di imparare ad orientarti, e poi sarà il canovaccio dove continuare ad inserire cio che scoprirai sul campo, magari troverai un tunnel fatto di spine che ti condurrà ad una città nascosta, oppure mentre cammini in un campo di grano invernale ti apparirà un papavero estivo, oppure sfiorando una pianta mai vista creerai una pioggia di semi, o ancora durante il tuo cammino potrai incontrare altri viandandanti con cui scambiare o avere informazioni.
    Allievo: Grazie Maestro ora capisco che non è questione di avere un tempo, ma è questione di incuriosirsi e meravigliarsi.
    Ora ciò che voglio lo costruirò camminando.
    M.P.

    QUESTIONE DI ATTENZIONE

     
    Allievo: Maestro perché non vedono? 
    Riescono solo a prestare attenzione a ciò che gli fa male e non vedono che invece i loro malesseri sono frutto di un modo per proteggerli.
    Maestro: Prezioso allievo, non sono pronti.
    Immagina di cadere e battere le ginocchia per terra, un ginocchio è sanguinante, malconcio, l'altro sta bene. 
    Ora tu cosa faresti? 
    Allievo: Curerei il ginocchio che sanguina, lo disinfetterei e farei di tutto per farlo star meglio. 
    Maestro: e l'altro?
    Allievo: bé l'altro sta bene per il momento non me ne occuperei, mi concentrerei sul ginocchio malconcio.
    Maestro: eh! Però anche l'altro ha subito la stessa sorte, cadendo insieme al ginocchio sanguinante. 
    Quindi vedi? Funziona così 
    Finché non riusciamo a icurare tutte le ferite sanguinanti, non siamo pronti per affrontare altre questioni, non possiamo vederle.
    Le ferite ci rendono si ciechi ad altro, perché abbiamo bisogno di tutte le energie per prendercene cura,  allo stesso tempo ci fanno vedere che abbiamo bisogno di cure.
    Nulla è meglio di qualcos'altro, ma ha tempi diversi per essere visto.
    Allievo: Grazie Maestro, ho capito che non è questione di cecità ma questione di attenzione.
    M.P.

    STORIE DI VUOTI

    Depressione, un vuoto troppo pieno

    Oggi sono con Z. una donna di media età. Entra nello studio con movimenti lenti e delicati.

    Si siede dolcemente sulla poltrona e mi guarda con sguardo mite, come al solito.

    Mi dice di sentirsi triste, come incapace di muoversi nel mondo, cerca di agire sempre con attenzione ed estremo riguardo per l’altro, non vuole nuocergli in nessun modo.

    Ora più che mai.

    E’ durante una cena a cui ha partecipato dopo giorni di solitudine e dopo vari pensamenti, che si manifesta il suo disagio.

    La persona che l’ha invitata ha dei genitori anziani ed in quel mentre scatta la sua preoccupazione per la vicinanza (siamo a giugno 2020 tempo di covid e distanziamento), anche se non è eccessiva, e se la cena sta avvenendo all’aperto.

    Il suo turbamento sembra travalicare la preoccupazione per il momento storico che stiamo vivendo. Dice di essersi sentita si preoccupata, ma anche troppo vicina, quasi troppo presente.

    Il suo corpo ha cominciato a ritrarsi sempre più, quasi a voler scomparire, non riesce a godersi la serata.

    Sembra che si stia palesando un fantasma antico.

     STORIE DI PESO

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    Victor Hugo Yañez Piña, The self made man

    www.escultores.com.mx

     

    Storie di stra-ordinaria Obesità

    L' obesità è un sintomo e come tutti i sintomi rappresenta la punta dell’iceberg dei nostri disagi.

    E sotto l’iceberg che c'è?

    Di tutto, di solito le nostre ferite ancora aperte, traumi non elaborati, comportamenti disfunzionali cristallizzati nel tempo, e molto altro.

    Il rapporto disfunzionale col cibo ha una lunga storia e di solito comincia precocemente.

    Da bambini impariamo imitando, facciamo nostre le informazioni che ci danno, le sperimentiamo e le testiamo, e siccome ci fidiamo della fonte, non le mettiamo in discussione.

    Ed ecco che se siamo tristi spesso ci consolano con una brioche, un dolcino, qualcosa che nell’immaginario possa lenire la nostra sofferenza:

    “…Con un poco di zucchero la pillola va giù,

    la pillola va giù, pillola va giù. Basta un poco di zucchero e la pillola va giù. Tutto brillerà di più…”

    E assieme a quello zucchero, anche la nostra sofferenza va giù, senza poter essere digerita, elaborata ed assimilata, come qualcosa che non si deve manifestare.

    Impariamo che forse è vero, che se ci metto lo zucchero la sofferenza diventa anche lei dolce, e così sofferenza dopo sofferenza, impariamo a farla sparire, come per magia.

     STORIE DI COPPIA

     

     

    L'intento comune

    Entrano come al solito nella stanza salutandomi ed accomodandosi ai soliti posti.

    Cominciamo: “Come state? Come vi sentite in questo momento?

    Inizialmente esprimono serenità Lei, e turbamento Lui.

    Cominciano a parlarsi, a dire.

    Parole e sensi, gesti e tonalità si cominciano a mischiare.

    Li ascolto, cerco di dirigere il loro dire, l’uno verso l’altro.

    Ancora tante parole, ognuno parla, dice, ipotizza e prova ad esprimere pensieri, che cominciano a diventare densi dentro la stanza.

    Mentre si parlano, mettono in atto le solite modalità comunicative, in cui ci sono due individualità e manca un noi, un io e te, un io con conte, in cui si riversano sull’altro parole. Me li immagino come coperti da un manto offuscato.

    Parlano, si parlano, ma come? Che si stanno dicendo?

    Ognuno sembra dire la sua credendo anche di arrivare all’altro con le sue parole…non è così, lo dice il loro turbamento che continua ad aumentare mentre si parlano, le loro parole sono frecce che non arrivano al bersaglio. Che manca?